Strano paese, l’Italia. All’Aquila si sfrutta il terremoto per sperimentare nuove forme di controllo sociale, a Vicenza il regime si conferma stato di polizia, violando le sue stesse regole con un blocco militare che prova a negare lo svolgimento regolare di un corteo autorizzato a un comitato cittadino, e il giorno dopo a Torino, Bologna, Padova, Napoli, Reggio Calabria, 21 militanti, compagni, studenti, sono arrestati per aver manifestato contro il G8 nelle Università. E quando gli studenti della Sapienza a Roma continuano l’occupazione per protestare contro gli arresti degli studenti, un corteo contro il G8 viene fermato e disperso con arresti. Contemporaneamente, con decine di perquisizioni e due arresti, lo Stato e i suoi apparati cavalcano la tragedia di Viareggio, agitando la solita presunta minaccia anarcoinsurrezionalista accusata di attentare, stavolta, niente di meno che alla sicurezza delle ferrovie! Come se non fosse invece la ricerca del profitto a tutti i costi e le privatizzazioni nei trasporti a creare incidenti mortali e distruzione. Dal G8 di Genova del 2001 assistiamo a un processo di autonomia operativa degli apparati di polizia direttamente dipendenti dal potere esecutivo; tanti tasselli del progetto repressivo dello Stato, perseguito dai vari governi avvicendatisi, dal centro destra al centro sinistra, fino a costruire lo scenario del dopo “Pacchetto Sicurezza” che colpisce tutti, lavoratori e lavoratrici, studenti, italiani e nuovi cittadini. Che mira a colpire tutte le lotte d’opposizione sociale e sindacale, a partire dalle contestazioni al G8, a sradicare ogni solidarietà di classe, a intimidire le future lotte popolari. Contro questo progetto repressivo ed eversivo dello Stato, massima solidarietà nell’unirsi al grido “PROTESTARE NON E´ REATO, LIBERI TUTTE/I, uniti con tutti coloro che sin da subito si sono e si stanno opponendo alla repressione, noi Comunisti Anarchici invitiamo all’unità di classe e alla mobilitazione tutte le realtà antagoniste di base e di lotta dal basso per una NUOVA RESISTENZA.
“ NON CI AVETE SPAVENTATI SIAMO SEMPRE PIU’ DETERMINATI ”
Segreteria Nazionale FdCA
Luglio 2009
72° Consiglio dei Delegati della FdCA
Cremona, 5 luglio 2009
presso CSA Kavarna, località il Cascinetto
LA LOTTA AL RAZZISMO COME STRUMENTO DI COSTRUZIONE DI UNA SOCIETÀ INTERCULTURALE, INTERETNICA, INTERNAZIONALISTA.
Individuare nella lotta al razzismo uno degli strumenti fondamentali di ricostruzione dell'opposizione sociale in Italia è uno dei passaggi fondamentali nella mobilitazione che coinvolge tutti coloro che sono impegnati nel ricollocare in una prospettiva di lotta di classe, e quindi di emancipazione dal bisogno, il loro agire politico, per costruire un progetto politico di uguaglianza e di libertà che trovi consenso nella società.
Occorre prendere atto che già oggi, ma ancora di più nel futuro, siamo immersi in una società multietnica e multiculturale nella quale i vari segmenti, le varie "comunità" che la compongono non parlano un linguaggio comune e sono indotte dall'organizzazione capitalistica del lavoro a cercare modi di organizzazione, di interrelazione, valori, comportamenti tesi alimentare la divisione e la contrapposizione.
Le differenze linguistiche, comportamentali, alimentari, valoriali delle popolazioni migranti vengono utilizzate dalla destra non solo per alimentare la paura e criminalizzare i comportamenti di tutti coloro che sono diversi, ma per impedire una ricomposizione degli interessi di classe, per contrastare gli interessi di genere più legati alla natura umana, che potrebbe minacciare il perpetuarsi dei sistemi di sfruttamento delle classi subalterne.
Le strategie di frammentazione della società
La progressiva concentrazione di capitali e di ricchezze nelle mani di un numero sempre minore di soggetti, lo sviluppo del capitale finanziario e della speculazione a danno ed a detrimento dei salari e delle pensioni dei lavoratori/trici - spingendoli inesorabilmente verso l'indebitamento ed il ricatto occupazionale/salariale - sono alla base dell'attuale crisi economica che, per essere superata, ha bisogno di una profonda ristrutturazione dei rapporti produttivi e quindi sociale. L'involuzione sempre più autoritaria dei modelli di governo, l'eliminazione di ogni opposizione sociale anche a livello istituzionale è necessaria alle classi dominanti se si vuole gestire una percentuale delle popolazione perennemente ricattata, in quanto collocata sulla soglia di povertà, alla quale si contrappone una popolazione migrante ulteriormente e maggiormente discriminata, ma utilizzata sul mercato del lavoro per mantenere bassi salari e occupazione precaria. Fin qui niente di nuovo ma oggi, utilizzando le classi subalterne contro i migranti si crea uno spazio ulteriore di sfruttamento e di potere che consente di reprimere ulteriormente le classi subalterne frammentate e divise.
In tal modo la distribuzione delle popolazioni sul territorio risulta costituita da tante sacche di sfruttati, posti l'un contro l'altro, divisi dalla differenza linguistica, etnica e valoriale, e perciò incapaci di sviluppare quella unità di classe che sarebbe necessaria e naturale sulla base della comune condizione di sfruttamento.
Questo modello sociale ha bisogno di un nuovo tipo di Stato che gestisce queste differenze e pertanto in questa fase politica si esaltano le competenze etiche delle istituzioni politiche le quali estendono il principio di ordine pubblico a quello di "ordine morale" e pretendono di governare i diritti di status: negando ai lavoratori immigrati non solo quello di cittadinanza, ma quello di soggiorno, di mobilità, di ricongiungimento coi familiari, all'istruzione, alla salute...
Il governo dell'economia e delle coscienze
Esiste un profondo legame, tra gestione dell'accumulazione e dei suoi processi e strategie di accentuazione delle diversità finalizzate a impedire la ricomposizione di classe. Ad esempio porre l'accento sulla differenziazione in materia religiosa, ricercando in questa strategia il sostegno delle confessioni delle quali si esaltano le diversità e le specificità, differenziandole nel godimento dei diritti e nell'accesso alla libertà di culto significa promuovere aggregazioni solidaristiche su basi confessionali che sono per loro natura interclassiste e che contribuiscono quindi a impedire una ricomposizione degli interessi in relazione alla collocazione dei soggetti nel processo produttivo e nelle dinamiche di accumulazione. Allo stesso modo, fare leva sull'elemento etnico come strumento di coesione e solidarietà significa ancora una volta sviluppare una innaturale alleanza tra soggetti diversi per la loro collocazione di classe.
Attraverso queste tecniche si realizza una frammentazione di classe che va ben al di la del dato economico, fino a toccare le corde di sentimenti e volizioni più profonde che riguardano la sfera personale, quella delle tradizioni, dei ricordi, del vissuto individuale e di gruppo.
Ecco così gettate le premesse e le condizioni per una legislazione repressiva e razzista, che dalla legge Turco-Napolitano degli anni '90 al decreto Maroni di quest'anno mettono milioni di vite di immigrati alla mercé della casualità, dei mercanti di schiavi, del governo libico, dei respingimenti, dei CPT e dei CIE, della clandestinità perenne da cui non si esce mai o in cui si viene ricacciati dalla perdita del lavoro o della casa. Non più esseri umani, ma semplicemente corpi vaganti tra reclusione e precarietà.
Di fronte a questo attacco a tutto campo alla concezione stessa dell'essere umano per come l'abbiamo conosciuta, vacillano le Chiese e le religioni, crollano consolidate alleanze, entrano in crisi sistemi politici. La risposta perciò diventa vaga, sconnessa, disorganica, inefficace, incomprensibile ai nostri stessi referenti sociali.
L'antirazzismo e la solidarietà come strumenti di lotta politica
Non basta denunciare le politiche razziste e securitarie del decreto Maroni. Occorre evitare che, grazie a una attenta e martellante opera propagandistica diventino, prima ancora che norme di legge, senso comune, come dimostrato da episodi aberranti già successi.
Ciò significa nel concreto:
• costruire e federare ampi fronti associativi di base misti, sociali e culturali, di immigrati ed italiani per la comune lotta contro il razzismo, l'emarginazione e la clandestinità;
• favorire e incentivare la partecipazione dei cittadini di origine straniera alla vita sociale, politica, sindacale, associativa, a prescindere dalla provenienza culturale e geografica;
• costruire reti di sostegno legale e sociale ai rifugiati, a chi rischia il ritorno nella clandestinità, alle vittime del razzismo;
• contrastare forme ed espressioni di intolleranza e di razzismo, di controllo del territorio a scopo di pulizia etnica e di repressione;
• garantire la solidarietà attraverso strutture di sostegno ai clandestini, agli immigrati precari, sfrattati, emarginati;
• costruire una rete di solidarietà nell'accesso al reddito e nel sostegno alle condizioni di vita e di lavoro;
• lottare per garantire l'accesso ai servizi essenziali del territorio a tutti coloro che lo abitano;
• garantire i valori culturali di ognuno nel rispetto dei diritti dei minori e della loro libertà di costruzione della propria personalità nella scuola pubblica;
• riconoscere piena libertà a tutte le confessioni religiose e un regime di pari accesso alla disponibilità di edifici di culto per depotenziarne la carica rivendicativa identitaria.
presso CSA Kavarna, località il Cascinetto
LA LOTTA AL RAZZISMO COME STRUMENTO DI COSTRUZIONE DI UNA SOCIETÀ INTERCULTURALE, INTERETNICA, INTERNAZIONALISTA.
Individuare nella lotta al razzismo uno degli strumenti fondamentali di ricostruzione dell'opposizione sociale in Italia è uno dei passaggi fondamentali nella mobilitazione che coinvolge tutti coloro che sono impegnati nel ricollocare in una prospettiva di lotta di classe, e quindi di emancipazione dal bisogno, il loro agire politico, per costruire un progetto politico di uguaglianza e di libertà che trovi consenso nella società.
Occorre prendere atto che già oggi, ma ancora di più nel futuro, siamo immersi in una società multietnica e multiculturale nella quale i vari segmenti, le varie "comunità" che la compongono non parlano un linguaggio comune e sono indotte dall'organizzazione capitalistica del lavoro a cercare modi di organizzazione, di interrelazione, valori, comportamenti tesi alimentare la divisione e la contrapposizione.
Le differenze linguistiche, comportamentali, alimentari, valoriali delle popolazioni migranti vengono utilizzate dalla destra non solo per alimentare la paura e criminalizzare i comportamenti di tutti coloro che sono diversi, ma per impedire una ricomposizione degli interessi di classe, per contrastare gli interessi di genere più legati alla natura umana, che potrebbe minacciare il perpetuarsi dei sistemi di sfruttamento delle classi subalterne.
Le strategie di frammentazione della società
La progressiva concentrazione di capitali e di ricchezze nelle mani di un numero sempre minore di soggetti, lo sviluppo del capitale finanziario e della speculazione a danno ed a detrimento dei salari e delle pensioni dei lavoratori/trici - spingendoli inesorabilmente verso l'indebitamento ed il ricatto occupazionale/salariale - sono alla base dell'attuale crisi economica che, per essere superata, ha bisogno di una profonda ristrutturazione dei rapporti produttivi e quindi sociale. L'involuzione sempre più autoritaria dei modelli di governo, l'eliminazione di ogni opposizione sociale anche a livello istituzionale è necessaria alle classi dominanti se si vuole gestire una percentuale delle popolazione perennemente ricattata, in quanto collocata sulla soglia di povertà, alla quale si contrappone una popolazione migrante ulteriormente e maggiormente discriminata, ma utilizzata sul mercato del lavoro per mantenere bassi salari e occupazione precaria. Fin qui niente di nuovo ma oggi, utilizzando le classi subalterne contro i migranti si crea uno spazio ulteriore di sfruttamento e di potere che consente di reprimere ulteriormente le classi subalterne frammentate e divise.
In tal modo la distribuzione delle popolazioni sul territorio risulta costituita da tante sacche di sfruttati, posti l'un contro l'altro, divisi dalla differenza linguistica, etnica e valoriale, e perciò incapaci di sviluppare quella unità di classe che sarebbe necessaria e naturale sulla base della comune condizione di sfruttamento.
Questo modello sociale ha bisogno di un nuovo tipo di Stato che gestisce queste differenze e pertanto in questa fase politica si esaltano le competenze etiche delle istituzioni politiche le quali estendono il principio di ordine pubblico a quello di "ordine morale" e pretendono di governare i diritti di status: negando ai lavoratori immigrati non solo quello di cittadinanza, ma quello di soggiorno, di mobilità, di ricongiungimento coi familiari, all'istruzione, alla salute...
Il governo dell'economia e delle coscienze
Esiste un profondo legame, tra gestione dell'accumulazione e dei suoi processi e strategie di accentuazione delle diversità finalizzate a impedire la ricomposizione di classe. Ad esempio porre l'accento sulla differenziazione in materia religiosa, ricercando in questa strategia il sostegno delle confessioni delle quali si esaltano le diversità e le specificità, differenziandole nel godimento dei diritti e nell'accesso alla libertà di culto significa promuovere aggregazioni solidaristiche su basi confessionali che sono per loro natura interclassiste e che contribuiscono quindi a impedire una ricomposizione degli interessi in relazione alla collocazione dei soggetti nel processo produttivo e nelle dinamiche di accumulazione. Allo stesso modo, fare leva sull'elemento etnico come strumento di coesione e solidarietà significa ancora una volta sviluppare una innaturale alleanza tra soggetti diversi per la loro collocazione di classe.
Attraverso queste tecniche si realizza una frammentazione di classe che va ben al di la del dato economico, fino a toccare le corde di sentimenti e volizioni più profonde che riguardano la sfera personale, quella delle tradizioni, dei ricordi, del vissuto individuale e di gruppo.
Ecco così gettate le premesse e le condizioni per una legislazione repressiva e razzista, che dalla legge Turco-Napolitano degli anni '90 al decreto Maroni di quest'anno mettono milioni di vite di immigrati alla mercé della casualità, dei mercanti di schiavi, del governo libico, dei respingimenti, dei CPT e dei CIE, della clandestinità perenne da cui non si esce mai o in cui si viene ricacciati dalla perdita del lavoro o della casa. Non più esseri umani, ma semplicemente corpi vaganti tra reclusione e precarietà.
Di fronte a questo attacco a tutto campo alla concezione stessa dell'essere umano per come l'abbiamo conosciuta, vacillano le Chiese e le religioni, crollano consolidate alleanze, entrano in crisi sistemi politici. La risposta perciò diventa vaga, sconnessa, disorganica, inefficace, incomprensibile ai nostri stessi referenti sociali.
L'antirazzismo e la solidarietà come strumenti di lotta politica
Non basta denunciare le politiche razziste e securitarie del decreto Maroni. Occorre evitare che, grazie a una attenta e martellante opera propagandistica diventino, prima ancora che norme di legge, senso comune, come dimostrato da episodi aberranti già successi.
Ciò significa nel concreto:
• costruire e federare ampi fronti associativi di base misti, sociali e culturali, di immigrati ed italiani per la comune lotta contro il razzismo, l'emarginazione e la clandestinità;
• favorire e incentivare la partecipazione dei cittadini di origine straniera alla vita sociale, politica, sindacale, associativa, a prescindere dalla provenienza culturale e geografica;
• costruire reti di sostegno legale e sociale ai rifugiati, a chi rischia il ritorno nella clandestinità, alle vittime del razzismo;
• contrastare forme ed espressioni di intolleranza e di razzismo, di controllo del territorio a scopo di pulizia etnica e di repressione;
• garantire la solidarietà attraverso strutture di sostegno ai clandestini, agli immigrati precari, sfrattati, emarginati;
• costruire una rete di solidarietà nell'accesso al reddito e nel sostegno alle condizioni di vita e di lavoro;
• lottare per garantire l'accesso ai servizi essenziali del territorio a tutti coloro che lo abitano;
• garantire i valori culturali di ognuno nel rispetto dei diritti dei minori e della loro libertà di costruzione della propria personalità nella scuola pubblica;
• riconoscere piena libertà a tutte le confessioni religiose e un regime di pari accesso alla disponibilità di edifici di culto per depotenziarne la carica rivendicativa identitaria.
Contrastare l'impoverimento delle classi lavoratrici, arginare il razzismo, sviluppare la democrazia diretta nel territorio.
Per restituire rappresentanza dal basso alle rivendicazioni popolari e liberarsi della paura.
E' passato un anno dall'inizio della crisi economica e la situazione in Italia non fa che peggiorare: crolla la produzione industriale (-22%), crolla la produzione dei beni di consumo (-10,4% su aprile 2009), non si aprono le borse del credito nemmeno dopo i regali di Tremonti alle banche, aumentano solo dello 0,6% i salari, mentre dalla cassa integrazione che non basta più si vorrebbe passare all'indennità di disoccupazione insieme ai licenziamenti, si diffonde la precarietà occupazionale e sociale (si stima in 1 milione i posti di lavoro persi entro il 2010, di cui il 22% di lavoratori parasubordinati).
La crisi mostra ora tutta la sua durezza nell'economia reale e le previsioni della Banca Mondiale danno una decrescita infelice della ricchezza mondiale del -2,9%. Quei titoli finanziari ormai tristemente famosi come gli ambigui ABS (asset-backed securities) ed i supertossici CDO (Collateral Debt Obligations) sono ancora in circolazione dato che persino la virtuosa Unione Europea per tutto il 2008 li ha usati per fare ben 1737,5 miliardi di euro di cartolarizzazioni, quella sorta di magia nera che trasforma un debito in un investimento e te lo vende. In queste operazioni le banche italiane si sono piazzate al... primo posto.
E il G7 della scorsa primavera non ha fatto altro che concedere alle banche di emettere o di aggiungere nuovi titoli per rafforzare la liquidità e la provvista; si è intervenuto come governi per rafforzare la base di capitale delle istituzioni finanziarie e per pulire i bilanci dai titoli spazzatura. Nulla invece sul versante del sostegno ai salari ed all'occupazione. Le classi lavoratrici continuano ad indebitarsi per poter sopravvivere. E' bene dunque non farsi illusioni sul G8 di luglio.
Dopo un anno di crisi profonda, restano in piedi le stesse politiche che hanno causato la crisi economica e la recessione in corso e si cerca anzi di inasprirle.
Il capitalismo italiano e Confindustria in testa chiedono soldi da usare nella delocalizzazione della produzione e nell'acquisto di aziende all'estero con ripercussioni sull'occupazione in Italia, puntano alla distruzione del sistema pensionistico pubblico, chiede la detassazione gli utili, vuole mano libera sulla forza-lavoro: tende a scomparire il contratto nazionale di categoria per privilegiare il salario legato alla produttività aziendale; nelle aziende si risparmia sulle misure di sicurezza e di prevenzione, causando continui incidenti mortali ed infortuni sui posti di lavoro, ma si investe su titoli speculativi; aumenta la manodopera (in grandissima parte lavoratori immigrati) da utilizzare in settori a basso salario ed alti profitti.
Il governo di destra elude qualsiasi sostegno ai redditi, non vuole trovare i soldi per i lavoratori e infatti non interviene sull'enorme evasione fiscale e contributiva, anzi predispone un DPEF con detassazioni per gli utili di impresa. Uscito sostanzialmente legittimato come compagine dalla tornata elettorale europea ed amministrativa, il governo avverte che non vi sono più territori blindati per la penetrazione di PDL e Lega e quindi punta a radicare nel paese, comune per comune, provincia per provincia, politiche razziste di discriminazione e segregazione verso gli immigrati; politiche autoritarie che militarizzano il territorio e lo sottraggono alla gestione diretta di chi ci abita come nel caso del terremoto in Abruzzo; politiche di distruzione della sfera pubblica e sociale, dalla scuola ai trasporti, dalla sanità alla previdenza, mentre trova 1 miliardo di euro per le spese militari, e si appresta a regalare miliardi a fondo perduto ai signori dell'energia nucleare. Il PD riesce a dare battaglia solo se rincorre il governo su questa strada, perché non ha un progetto politico alternativo e là dove vince o perde sul filo di lana lo fa allontanandosi e modificando quella identità e quei valori etico-politici che sembravano non sradicabili da quei territori e da quel popolo che votavano a sinistra fin dal secondo dopoguerra. Regala all'IDV il monopolio della cultura della questione morale e cede alla Lega il monopolio della cultura popolare. La cosiddetta sinistra radicale, incapace di ricomporsi, paga ancora una volta con la sconfitta elettorale la sua scomparsa dalla conflittualità nei territori prima ancora che dalle aule delle istituzioni. Quello che è rimasto del progetto comunista ormai non passa più per la competizione elettorale ma non trova ambiti e spazi di espressione e di lotta.
E così, mentre l'inasprirsi della crisi economica lacera il tessuto sociale, da destra se ne approfitta per puntare allo sfilacciamento di qualsiasi forma di solidarietà, di lotta, di organizzazione, alla disarticolazione di ogni reticolarità dal basso, che possa opporsi alla normalizzazione in atto e mettere in discussione le compatibilità capitalistiche. La stessa direttiva Maroni sottrae le città alle manifestazioni di opposizione e le consegna alla discrezionalità di prefetti e questori, riducendo ulteriormente qualunque agibilità politica come dimostrato dalle recenti mobilitazioni. Si alzano impalpabili muri di paura e di insicurezza che dividono le persone e le rinchiudono nella miseria di una vita impoverita di relazioni sociali e di compagni di lotta, nello stesso caseggiato, nello stesso quartiere, nella stessa città.
Occorre quindi raccogliere la sfida proprio sul territorio, a partire dalla prioritaria lotta al razzismo e alla frammentazione della società in entità divise per nazionalità, lingua, etnia, religione, costruendo reti e organismi di base interculturali ed interetnici.
Occorre sul territorio costruire dal basso un movimento contro la precarietà, che attraversi tutti i settori lavorativi, che si ponga come soggetto conflittuale e rivendicativo per ottenere il mantenimento dei posti di lavoro e le tutele sociali legate ai diritti fondamentali di vita e di cittadinanza, per sconfiggere la solitudine dei lavoratori espulsi dai posti di lavoro, per ricucire interessi collettivi e condivisi di fronte all'offensiva della crisi capitalistica.
Il movimento dei lavoratori ha bisogno di ritrovare nei luoghi di lavoro la propria auto-organizzazione, la propria espressione di conflittualità come a Termini Imerese, a Pomigliano d'Arco, all' INSSE e Fincantieri di fronte ai processi di desertificazione del lavoro nel territorio ed in questo ha bisogno di una grande solidarietà e di una mobilitazione tanto più ampia a fronte della stessa ampiezza della crisi economica; ha bisogno del pieno sostegno dei settori conflittuali della CGIL e del sindacalismo di base per difendere il lavoro ed ampliare il ricorso alla cassa integrazione, per rivendicare ed organizzare la difesa dei diritti dei lavoratori sempre, dentro e fuori le aziende.
Si impone quindi una necessaria azione di tessitura e di coordinazione fra tutte le realtà di base che costituiscono nel territorio una speranza di opposizione sociale al dilagare della destra e degli effetti devastanti della crisi. Dalle manifestazioni contro il G8, dalla mobilitazione di Vicenza e l'Aquila giunge il segnale che per rilanciare la democrazia di base e dal basso, e la democrazia diretta occorre ritornare nei quartieri per creare spazi collettivi di base, autogestiti e di decisionalità, dove radicare la lotta anticapitalista e costruire l'alternativa libertaria, per non consegnare le nostre coscienze ed il nostro futuro alla barbarie del capitalismo e dello Stato.
Federazione dei Comunisti Anarchici
E' passato un anno dall'inizio della crisi economica e la situazione in Italia non fa che peggiorare: crolla la produzione industriale (-22%), crolla la produzione dei beni di consumo (-10,4% su aprile 2009), non si aprono le borse del credito nemmeno dopo i regali di Tremonti alle banche, aumentano solo dello 0,6% i salari, mentre dalla cassa integrazione che non basta più si vorrebbe passare all'indennità di disoccupazione insieme ai licenziamenti, si diffonde la precarietà occupazionale e sociale (si stima in 1 milione i posti di lavoro persi entro il 2010, di cui il 22% di lavoratori parasubordinati).
La crisi mostra ora tutta la sua durezza nell'economia reale e le previsioni della Banca Mondiale danno una decrescita infelice della ricchezza mondiale del -2,9%. Quei titoli finanziari ormai tristemente famosi come gli ambigui ABS (asset-backed securities) ed i supertossici CDO (Collateral Debt Obligations) sono ancora in circolazione dato che persino la virtuosa Unione Europea per tutto il 2008 li ha usati per fare ben 1737,5 miliardi di euro di cartolarizzazioni, quella sorta di magia nera che trasforma un debito in un investimento e te lo vende. In queste operazioni le banche italiane si sono piazzate al... primo posto.
E il G7 della scorsa primavera non ha fatto altro che concedere alle banche di emettere o di aggiungere nuovi titoli per rafforzare la liquidità e la provvista; si è intervenuto come governi per rafforzare la base di capitale delle istituzioni finanziarie e per pulire i bilanci dai titoli spazzatura. Nulla invece sul versante del sostegno ai salari ed all'occupazione. Le classi lavoratrici continuano ad indebitarsi per poter sopravvivere. E' bene dunque non farsi illusioni sul G8 di luglio.
Dopo un anno di crisi profonda, restano in piedi le stesse politiche che hanno causato la crisi economica e la recessione in corso e si cerca anzi di inasprirle.
Il capitalismo italiano e Confindustria in testa chiedono soldi da usare nella delocalizzazione della produzione e nell'acquisto di aziende all'estero con ripercussioni sull'occupazione in Italia, puntano alla distruzione del sistema pensionistico pubblico, chiede la detassazione gli utili, vuole mano libera sulla forza-lavoro: tende a scomparire il contratto nazionale di categoria per privilegiare il salario legato alla produttività aziendale; nelle aziende si risparmia sulle misure di sicurezza e di prevenzione, causando continui incidenti mortali ed infortuni sui posti di lavoro, ma si investe su titoli speculativi; aumenta la manodopera (in grandissima parte lavoratori immigrati) da utilizzare in settori a basso salario ed alti profitti.
Il governo di destra elude qualsiasi sostegno ai redditi, non vuole trovare i soldi per i lavoratori e infatti non interviene sull'enorme evasione fiscale e contributiva, anzi predispone un DPEF con detassazioni per gli utili di impresa. Uscito sostanzialmente legittimato come compagine dalla tornata elettorale europea ed amministrativa, il governo avverte che non vi sono più territori blindati per la penetrazione di PDL e Lega e quindi punta a radicare nel paese, comune per comune, provincia per provincia, politiche razziste di discriminazione e segregazione verso gli immigrati; politiche autoritarie che militarizzano il territorio e lo sottraggono alla gestione diretta di chi ci abita come nel caso del terremoto in Abruzzo; politiche di distruzione della sfera pubblica e sociale, dalla scuola ai trasporti, dalla sanità alla previdenza, mentre trova 1 miliardo di euro per le spese militari, e si appresta a regalare miliardi a fondo perduto ai signori dell'energia nucleare. Il PD riesce a dare battaglia solo se rincorre il governo su questa strada, perché non ha un progetto politico alternativo e là dove vince o perde sul filo di lana lo fa allontanandosi e modificando quella identità e quei valori etico-politici che sembravano non sradicabili da quei territori e da quel popolo che votavano a sinistra fin dal secondo dopoguerra. Regala all'IDV il monopolio della cultura della questione morale e cede alla Lega il monopolio della cultura popolare. La cosiddetta sinistra radicale, incapace di ricomporsi, paga ancora una volta con la sconfitta elettorale la sua scomparsa dalla conflittualità nei territori prima ancora che dalle aule delle istituzioni. Quello che è rimasto del progetto comunista ormai non passa più per la competizione elettorale ma non trova ambiti e spazi di espressione e di lotta.
E così, mentre l'inasprirsi della crisi economica lacera il tessuto sociale, da destra se ne approfitta per puntare allo sfilacciamento di qualsiasi forma di solidarietà, di lotta, di organizzazione, alla disarticolazione di ogni reticolarità dal basso, che possa opporsi alla normalizzazione in atto e mettere in discussione le compatibilità capitalistiche. La stessa direttiva Maroni sottrae le città alle manifestazioni di opposizione e le consegna alla discrezionalità di prefetti e questori, riducendo ulteriormente qualunque agibilità politica come dimostrato dalle recenti mobilitazioni. Si alzano impalpabili muri di paura e di insicurezza che dividono le persone e le rinchiudono nella miseria di una vita impoverita di relazioni sociali e di compagni di lotta, nello stesso caseggiato, nello stesso quartiere, nella stessa città.
Occorre quindi raccogliere la sfida proprio sul territorio, a partire dalla prioritaria lotta al razzismo e alla frammentazione della società in entità divise per nazionalità, lingua, etnia, religione, costruendo reti e organismi di base interculturali ed interetnici.
Occorre sul territorio costruire dal basso un movimento contro la precarietà, che attraversi tutti i settori lavorativi, che si ponga come soggetto conflittuale e rivendicativo per ottenere il mantenimento dei posti di lavoro e le tutele sociali legate ai diritti fondamentali di vita e di cittadinanza, per sconfiggere la solitudine dei lavoratori espulsi dai posti di lavoro, per ricucire interessi collettivi e condivisi di fronte all'offensiva della crisi capitalistica.
Il movimento dei lavoratori ha bisogno di ritrovare nei luoghi di lavoro la propria auto-organizzazione, la propria espressione di conflittualità come a Termini Imerese, a Pomigliano d'Arco, all' INSSE e Fincantieri di fronte ai processi di desertificazione del lavoro nel territorio ed in questo ha bisogno di una grande solidarietà e di una mobilitazione tanto più ampia a fronte della stessa ampiezza della crisi economica; ha bisogno del pieno sostegno dei settori conflittuali della CGIL e del sindacalismo di base per difendere il lavoro ed ampliare il ricorso alla cassa integrazione, per rivendicare ed organizzare la difesa dei diritti dei lavoratori sempre, dentro e fuori le aziende.
Si impone quindi una necessaria azione di tessitura e di coordinazione fra tutte le realtà di base che costituiscono nel territorio una speranza di opposizione sociale al dilagare della destra e degli effetti devastanti della crisi. Dalle manifestazioni contro il G8, dalla mobilitazione di Vicenza e l'Aquila giunge il segnale che per rilanciare la democrazia di base e dal basso, e la democrazia diretta occorre ritornare nei quartieri per creare spazi collettivi di base, autogestiti e di decisionalità, dove radicare la lotta anticapitalista e costruire l'alternativa libertaria, per non consegnare le nostre coscienze ed il nostro futuro alla barbarie del capitalismo e dello Stato.
Federazione dei Comunisti Anarchici
Assemblea nazionale.
Buona riuscita dell'assemblea nazionale a Roma, presenze operaie, familiari, Associazioni da tutta Italia, nuove importanti adesioni alla Rete delle Associazioni Familiari Colletti e Toffolutti, Associazione Giuristi Democratici.
Unitario e combattivo dibattito con un ricco piano di iniziative per l'autunno, proposte vecchie e nuove in discussione e realizzazione, nuovi strumenti di azione.
Prime decisioni:
- una giornata nazionale di mobilitazione nelle fabbriche e nelle città con presidio a Roma il 14 luglio ore 10 sotto il ministero del lavoro via veneto contro la “Salva manager” e l'attacco al “Testo unico sulla sicurezza”.
- Adesione alle iniziative del G8 e il 10 luglio rappresentanti all'aquila.
- Convegno nazionale a Orvieto 3-4 ottobre.
- Verso le ronde territoriali e la difesa e sostegno legale.
- La cassa di resistenza per RLS e familiari.
- Mostre e libri da far circolare a livello nazionale.
- Assemblea Rete per operai e RLS a Torino in settembre per avanzare verso lo sciopero generale nella prima decade di settembre.
- Iniziative nazionali per processo eternit e amianto - processo di Molfetta e cisterne assassine in tutta Italia da ENI a Saras ecc..
- Nuovo piano per potenziare l'informazione e la controinformazione.
- Università e lotta per la sicurezza sui posti di lavoro - partendo da Napoli.
- Da Taranto e dall'Ilva - avanza la lotta nella fabbrica e nella città contro “Padron” Riva.
- Continua la lotta di Palumbo nei confronti della Fincantieri Palermo - Pianeta Milano - De Angelis Ferrovieri - RLS Bergamo rafforziamo il sostegno.
E altro ancora la Rete: un metodo di lavoro e di azione da estendere e valorizzare ovunque un ampio resoconto nei prossimi giorni rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro.
bastamortesullavoro@domeus.it
Unitario e combattivo dibattito con un ricco piano di iniziative per l'autunno, proposte vecchie e nuove in discussione e realizzazione, nuovi strumenti di azione.
Prime decisioni:
- una giornata nazionale di mobilitazione nelle fabbriche e nelle città con presidio a Roma il 14 luglio ore 10 sotto il ministero del lavoro via veneto contro la “Salva manager” e l'attacco al “Testo unico sulla sicurezza”.
- Adesione alle iniziative del G8 e il 10 luglio rappresentanti all'aquila.
- Convegno nazionale a Orvieto 3-4 ottobre.
- Verso le ronde territoriali e la difesa e sostegno legale.
- La cassa di resistenza per RLS e familiari.
- Mostre e libri da far circolare a livello nazionale.
- Assemblea Rete per operai e RLS a Torino in settembre per avanzare verso lo sciopero generale nella prima decade di settembre.
- Iniziative nazionali per processo eternit e amianto - processo di Molfetta e cisterne assassine in tutta Italia da ENI a Saras ecc..
- Nuovo piano per potenziare l'informazione e la controinformazione.
- Università e lotta per la sicurezza sui posti di lavoro - partendo da Napoli.
- Da Taranto e dall'Ilva - avanza la lotta nella fabbrica e nella città contro “Padron” Riva.
- Continua la lotta di Palumbo nei confronti della Fincantieri Palermo - Pianeta Milano - De Angelis Ferrovieri - RLS Bergamo rafforziamo il sostegno.
E altro ancora la Rete: un metodo di lavoro e di azione da estendere e valorizzare ovunque un ampio resoconto nei prossimi giorni rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro.
bastamortesullavoro@domeus.it
Neda.
Neda, dalla pelle ambrata
occhi profondi
capelli di seta
velati
in un mondo di maschi tristi , cupi
gelosi, intimoriti dalla bellezza
dei corpi femminili
Neda, giovane donna orgogliosa
lottava con gli altri
per conquistare la sua dignità
la libertà
per il suo popolo
oppresso da tiranni selvaggi
abitanti in un passato che non vuole morire
Usano il loro Dio
come arma letale
per dominare, mortificare, soffocare
il libero pensiero e
ogni anelito di giustizia e libertà
Neda, fiera e decisa
gridava loro in faccia i sogni
di un popolo umiliato
stanco di subire
Ogni giorno in piazza
insieme a migliaia
a sfidare la brutale violenza del Potere
senza arretrare
in nome della legalità
democrazia
Neda, stesa sul selciato
stretta nei suoi jeans
colpita da uno sparo maligno
Il sangue fuoriesce impazzito
come un fiume in piena
tutto travolge
si porta via la sua vita
tra le urla angosciate
di quanti invano tentano di fermare
quella folle corsa verso la morte
E noi impietriti e ammutoliti
dalla nostra impotenza
la vediamo sullo schermo andare via
Ma non dimenticheremo, non potremo
Il tuo nome, Neda,
risplenderà in eterno
insieme a quello di tutti i martiri per la libertà.
Ma quanto sangue innocente
dovrà ancora essere versato
perché tu umanità sciocca e cieca
ti decida a spezzare le catene della schiavitù
Fino a quando, ancora?
occhi profondi
capelli di seta
velati
in un mondo di maschi tristi , cupi
gelosi, intimoriti dalla bellezza
dei corpi femminili
Neda, giovane donna orgogliosa
lottava con gli altri
per conquistare la sua dignità
la libertà
per il suo popolo
oppresso da tiranni selvaggi
abitanti in un passato che non vuole morire
Usano il loro Dio
come arma letale
per dominare, mortificare, soffocare
il libero pensiero e
ogni anelito di giustizia e libertà
Neda, fiera e decisa
gridava loro in faccia i sogni
di un popolo umiliato
stanco di subire
Ogni giorno in piazza
insieme a migliaia
a sfidare la brutale violenza del Potere
senza arretrare
in nome della legalità
democrazia
Neda, stesa sul selciato
stretta nei suoi jeans
colpita da uno sparo maligno
Il sangue fuoriesce impazzito
come un fiume in piena
tutto travolge
si porta via la sua vita
tra le urla angosciate
di quanti invano tentano di fermare
quella folle corsa verso la morte
E noi impietriti e ammutoliti
dalla nostra impotenza
la vediamo sullo schermo andare via
Ma non dimenticheremo, non potremo
Il tuo nome, Neda,
risplenderà in eterno
insieme a quello di tutti i martiri per la libertà.
Ma quanto sangue innocente
dovrà ancora essere versato
perché tu umanità sciocca e cieca
ti decida a spezzare le catene della schiavitù
Fino a quando, ancora?
Mujeres libres.
Le donne italiane adesso hanno un motivo in più per essere grate a Berluscapappo. Grazie ai suoi (presunti?) “exploits” sessuali, la stampa straniera dipinge le donne italiane come uno strano miscuglio di femmine arrampicate su tacchi a spillo e abbigliate come “conigliette fuori servizio”, un modo elegante (?) per dire puttanelle, disposte a tutto pur di piacere al maschio padrone. Come se ciò non bastasse qualche giornalista si avventura in analisi sociologiche un po’ azzardate, definendo la società italiana l’unica dove vige un matriarcato, tutto in salsa italiana, dove l’uomo fa la figura del sultano viziato, coccolato e sostanzialmente incapace di badare a sé stesso. Il quadro dell’Italia che viene fuori è quello di una società da avanspettacolo di bassa lega, guidata da un guitto imbroglione e truffaldino, sempre infoiato che come novello Nerone pensa più a divertirsi con qualche bella ragazza disponibile che non a risolvere i problemi della nazione che sempre più affonda nella crisi. Ciò che maggiormente scandalizza gli osservatori stranieri è il consenso di cui continua a godere nel paese. Le ultime elezioni stanno lì a dimostrarlo, anche se ha avuto un leggero calo. Chiaramente il comportamento disgustoso di quell’uomo richiederebbe altre e decise manifestazioni di lotta per costringerlo a dimettersi e a sparire per sempre dalla vita pubblica. I danni provocati da Berlusconi sono irreparabili, ci vorranno decenni prima di riuscire a ricucire un tessuto sociale che lui e tutti gli altri che lo hanno seguito sulla sua strada, sinistra compresa, hanno contribuito a sfasciare e guastare. L’Italia è sempre più un paese razzista, cialtronesco, vigliacco, concentrato ad osservare il proprio ombelico, pauroso di tutto e di tutti, ignorante e arrogante, servile e acquiescente, omertoso, senza ideali, senza memoria storica, disposto a vendersi l’anima per un pugno di lenticchie. Berlusconi e la Lega sono riusciti a tirare fuori il peggio dagli Italiani, nemmeno il Fascismo era arrivato a tanto. Certi discorsi dei leghisti fanno inorridire. Certe battute razziste del Berlusca fanno vomitare e vergognare. Ma molti italiani sembrano insensibili, anzi si divertono alle battute del re, invece di indignarsi e incazzarsi per buttarlo giù dal trono sul quale lo hanno posto come tante pecore lobotomizzate. I cassintegrati, i licenziati, i precari, tutti gli sfruttati, i senza futuro, i senza passato, i pensionati con meno di 500 euro al mese, i terremotati lo votano e lo acclamano. E’ semplicemente folle. Come se fossero stati colpiti da un virus sconosciuto, che li acceca e li rende sordi. Il dissenso è sempre più debole, disorganizzato, in balia di eventi che non riesce a gestire né a controllare. Gli operai continuano a morire ogni giorno sui posti di lavoro, altri rimangono storpiati a vita. La sicurezza sul luogo del lavoro non fa parte delle misure prese da questo governo nemico dei lavoratori. Il sindacato se non tace, fa sentire appena un sospirino che non disturba affatto i padroni. Con la scusa della crisi tutto diventa lecito, tanto la crisi la pagano i soliti noti. La corruzione diffusa si mangia una fetta enorme del PIL, ma poiché non desta allarme sociale, viene accettata passivamente e nessuno chiede interventi drastici. Perché si sa, in Italia il problema sicurezza è rappresentato dai poveri immigrati. Ma quando a delinquere e a uccidere sono gli italiani, allora se ne parla in sordina. Il video agghiacciante che mostra l’uccisione di quel giovane romeno a Napoli difficilmente potrà essere dimenticato. La scena straziante della sua agonia e le urla di dolore della giovane moglie che chiedeva aiuto nell’indifferenza generale si stampano nella memoria con lettere di fuoco. Le dichiarazioni della donna, tornata in Romania, fanno arrossire di vergogna. Se fossero stati dei romeni a sparare nel mucchio, tra la folla in pieno giorno è facile immaginare le conseguenze. Qui nel sud, la vera emergenza è quella di sempre, la criminalità organizzata , le varie mafie, che insieme alle istituzioni corrotte da sempre soffocano, controllano e impediscono ai cittadini inermi di vivere liberamente e con dignità. L’indifferenza colpevole e complice dello stato ha finito per consegnare interi quartieri e intere regioni alle mafie. La distinzione tra legalità e illegalità è sempre più sfumata; difficile distinguere dove comincia l’una e finisce l’altra. I partiti politici e le classi borghesi meridionali, da sempre parassitarie e legate alla burocrazia, hanno gestito la cosa pubblica come un feudo privato elargendo prebende, posti di lavoro, benefici vari a tutti quelli disposti a servirli a capo chino. I morti ammazzati dalle mafie e dallo stato diventano santini buoni per giustificare e dare credibilità ad una classe dirigente criminale e complice degli assassini. Berlusconi e il suo intimo amico e collaboratore, il senatore Dell’Utri, hanno definito “santo” un uomo come Mangano. Totò Cuffaro, condannato per mafia, siede in Parlamento insieme a tanti altri come lui, eletti con migliaia e migliaia di voti. Come a dire: se non sono mafiosi non li votiamo. Se nel nord Italia il rigurgito di stampo fascista e razzista fa registrare episodi gravi di intolleranza, nel sud la situazione di degrado sociale e di servitù sembra essere ritornata ai tempi bui del caporalato. I lavoratori non protetti accettano condizioni incivili di sfruttamento; i lavoratori delle poche fabbriche accettano turni di lavoro massacranti per guadagnare qualche miserabile euro in più o per paura di essere licenziati. La solidarietà di classe quasi non esiste più. Tutti contro tutti. Gli operai della Fiat di Termini Imerese e quelli dell’indotto stanno scioperando perché la Fiat, dopo che per anni ed anni, si è ingrassata con il denaro pubblico adesso, che si è lanciata sul mercato americano, ha deciso di mollarli. E cosa fa il governo del Berlusca? Tace. Il Berlusca quando incontra gli industriali si diverte a raccontare barzellette o a difendersi dagli attacchi della stampa che ha messo a nudo i suoi vizi di vecchio libidinoso e puttaniere. Questa Italia fa proprio schifo.
Una individualità anarchica di genere
Una individualità anarchica di genere
Gas! Gas!…. Tovarich Gheddafi!
La Libia è il primo fornitore di petrolio dell’Italia ed il terzo per il gas metano, con un export verso lo Stato italiano di 17,93 miliardi di euro nel 2008 e con un incremento del 24,4% rispetto al 2007.
Lo Stato libico vorrebbe investire parte del suo fondo sovrano, il Lybian Investment Authority (Lia), per entrare nel capitale ENI, con una quota che potrebbe arrivare fino al 10%.
I titoli minerari dell’ENI in Libia sono stati rinnovati, nel 2008, fino al 2042 e al 2047, rispettivamente per petrolio e gas.
Sono previste crescite della produzione dei giacimenti legati al “Western Libyan Gas Project”, progetto al 50% tra ENI divisione Gas & Power e la National Oil Corporation (NOC), la società petrolifera di Stato libica, con una produzione a regime di 10 miliardi di metri cubi all’anno, di cui 2 miliardi saranno destinati al mercato locale e 8 all'esportazione. Tutto ciò con il conseguente ampliamento del gasdotto Greenstream, attraverso il quale il gas proveniente da due giacimenti, Bahr Essalam (offshore, a 110 chilometri dalla costa libica), e Wafa (nel deserto libico vicino al confine con l'Algeria), arriva in Italia. Precisamente a Gela, dove è stato costruito il terminale di ricevimento collegato alla rete nazionale di Snam Rete Gas.
Ce ne è anche per le fonti rinnovabili. I libici sono interessati anche al progetto Archimede, una centrale solare termodinamica a concentrazione, progettata da Enel ed Enea, un prototipo della quale è attualmente in fase di costruzione a Priolo, e che potrebbe essere replicato, anche a più grande scala nel deserto libico. In concomitanza lo Stato libico vorrebbe entrare anche nel capitale ENEL.
Oltre a ENI ed ENEL molte sono le imprese a maggioranza di capitale italiano ad essere già presenti in Libia e/o ad essere in procinto: Trevi, Impregilo, Tecnimont, Finmeccanica, solo per citarne alcune. E tutte si apprestano a intensificare attività e profitti nel paese nord-africano. È ovvio che la presidentessa finto-liberista della Confindustria, Emma Marcegaglia, in occasione dell’incontro col leader libico Gheddafi, del 12 Giugno di questo anno, abbia affermato: «Credo proprio di poter dire che siamo in presenza di una svolta nei rapporti bilaterali».
Semmai qualcuno potrebbe stupirsi che le fila degli accordi da parte italiana le abbiano tenute quelli che fino a ieri potevano essere considerati come appartenenti alla fazione più filoamericana della politica italiana, ricordando che la ricerca di accordi strategico-economici tra l’imperialismo italiano ed i potentati locali del “mare nostrum” siano sempre stati una prerogativa della sinistra istituzionale.
Ma questo può sorprendere soltanto chi ragiona col primato della politica del gossip, poiché al di la delle manifestazioni folcloristiche, la vicenda Obama, ad esempio, ci dovrebbe avere già insegnato che gli accordi tra gli Stati cambiano nel tempo in funzione del mutare dei rapporti di forza economici e politici tra questi, così come cambiano le strategie delle multinazionali e a queste si adeguano le correnti politiche delle borghesie nazionali.
È piuttosto divertente (e allo stesso tempo però molto triste) pensare che oggi nel panorama della sinistra italiana ci sia chi, difendendo Gheddafi per un sentimento antimperialistico a senso unico nei confronti degli USA, si trovi costretto a difendere le scelte del governo italiano di destra. È triste pensare che nella sinistra italiana ci sia ancora chi pensi che gli interessi di Gheddafi e del suo entourage coincidano con quelli della maggioranza del popolo libico.
Proviamo a immaginare nelle tasche di chi andranno i risarcimenti pagati dallo Stato italiano alla Libia per scaricarsi la coscienza dal colonialismo liberale prima e fascista poi. Ci dicono che saranno impiegati per finanziare la costruzione di varie infrastrutture nel territorio libico; ma chi costruirà queste infrastrutture? Come mai imprese come Impregilo e Ansaldo sono molto interessate all’accordo bilaterale? Non è forse un altro canale per drenare denaro dalle tasche dei lavoratori italiani (ricordiamo: i principali contribuenti al mantenimento della macchina statale) a quelle degli azionisti di queste imprese ed in parte anche nelle tasche del capitalismo di Stato libico?
Denaro che oltretutto verrà “investito” per sfruttare i lavoratori libici che verranno impiegati in queste costruzioni, i quali in tutto questo orgiastico entusiasmo sono la parte che più ci rimetterà, insieme a quegli uomini e quelle donne che, nel tentativo di affrancarsi dalla fame e dalla persecuzione, alimentate dall’imperialismo delle potenze economiche e concretizzato dalle oligarchie locali, hanno provato ad assicurarsi una vita più dignitosa e che sono stati sacrificati sull’altare del più bieco cinismo imperialista.
Il connubio tra la tecnologia, il capitale pubblico e privato dell’imperialismo italiano e le fonti energetiche del potente capitalismo statale libico è foriero di grandi profitti. È questo quello che conta.
Ecco per incanto Gheddafi trasformarsi da feroce dittatore a prezioso partner economico e politico.
zatarra
Fonti:
http://www.eni.it/it_IT/
http://www.enea.it/
http://www.cameraitalolibica.it/
Lo Stato libico vorrebbe investire parte del suo fondo sovrano, il Lybian Investment Authority (Lia), per entrare nel capitale ENI, con una quota che potrebbe arrivare fino al 10%.
I titoli minerari dell’ENI in Libia sono stati rinnovati, nel 2008, fino al 2042 e al 2047, rispettivamente per petrolio e gas.
Sono previste crescite della produzione dei giacimenti legati al “Western Libyan Gas Project”, progetto al 50% tra ENI divisione Gas & Power e la National Oil Corporation (NOC), la società petrolifera di Stato libica, con una produzione a regime di 10 miliardi di metri cubi all’anno, di cui 2 miliardi saranno destinati al mercato locale e 8 all'esportazione. Tutto ciò con il conseguente ampliamento del gasdotto Greenstream, attraverso il quale il gas proveniente da due giacimenti, Bahr Essalam (offshore, a 110 chilometri dalla costa libica), e Wafa (nel deserto libico vicino al confine con l'Algeria), arriva in Italia. Precisamente a Gela, dove è stato costruito il terminale di ricevimento collegato alla rete nazionale di Snam Rete Gas.
Ce ne è anche per le fonti rinnovabili. I libici sono interessati anche al progetto Archimede, una centrale solare termodinamica a concentrazione, progettata da Enel ed Enea, un prototipo della quale è attualmente in fase di costruzione a Priolo, e che potrebbe essere replicato, anche a più grande scala nel deserto libico. In concomitanza lo Stato libico vorrebbe entrare anche nel capitale ENEL.
Oltre a ENI ed ENEL molte sono le imprese a maggioranza di capitale italiano ad essere già presenti in Libia e/o ad essere in procinto: Trevi, Impregilo, Tecnimont, Finmeccanica, solo per citarne alcune. E tutte si apprestano a intensificare attività e profitti nel paese nord-africano. È ovvio che la presidentessa finto-liberista della Confindustria, Emma Marcegaglia, in occasione dell’incontro col leader libico Gheddafi, del 12 Giugno di questo anno, abbia affermato: «Credo proprio di poter dire che siamo in presenza di una svolta nei rapporti bilaterali».
Semmai qualcuno potrebbe stupirsi che le fila degli accordi da parte italiana le abbiano tenute quelli che fino a ieri potevano essere considerati come appartenenti alla fazione più filoamericana della politica italiana, ricordando che la ricerca di accordi strategico-economici tra l’imperialismo italiano ed i potentati locali del “mare nostrum” siano sempre stati una prerogativa della sinistra istituzionale.
Ma questo può sorprendere soltanto chi ragiona col primato della politica del gossip, poiché al di la delle manifestazioni folcloristiche, la vicenda Obama, ad esempio, ci dovrebbe avere già insegnato che gli accordi tra gli Stati cambiano nel tempo in funzione del mutare dei rapporti di forza economici e politici tra questi, così come cambiano le strategie delle multinazionali e a queste si adeguano le correnti politiche delle borghesie nazionali.
È piuttosto divertente (e allo stesso tempo però molto triste) pensare che oggi nel panorama della sinistra italiana ci sia chi, difendendo Gheddafi per un sentimento antimperialistico a senso unico nei confronti degli USA, si trovi costretto a difendere le scelte del governo italiano di destra. È triste pensare che nella sinistra italiana ci sia ancora chi pensi che gli interessi di Gheddafi e del suo entourage coincidano con quelli della maggioranza del popolo libico.
Proviamo a immaginare nelle tasche di chi andranno i risarcimenti pagati dallo Stato italiano alla Libia per scaricarsi la coscienza dal colonialismo liberale prima e fascista poi. Ci dicono che saranno impiegati per finanziare la costruzione di varie infrastrutture nel territorio libico; ma chi costruirà queste infrastrutture? Come mai imprese come Impregilo e Ansaldo sono molto interessate all’accordo bilaterale? Non è forse un altro canale per drenare denaro dalle tasche dei lavoratori italiani (ricordiamo: i principali contribuenti al mantenimento della macchina statale) a quelle degli azionisti di queste imprese ed in parte anche nelle tasche del capitalismo di Stato libico?
Denaro che oltretutto verrà “investito” per sfruttare i lavoratori libici che verranno impiegati in queste costruzioni, i quali in tutto questo orgiastico entusiasmo sono la parte che più ci rimetterà, insieme a quegli uomini e quelle donne che, nel tentativo di affrancarsi dalla fame e dalla persecuzione, alimentate dall’imperialismo delle potenze economiche e concretizzato dalle oligarchie locali, hanno provato ad assicurarsi una vita più dignitosa e che sono stati sacrificati sull’altare del più bieco cinismo imperialista.
Il connubio tra la tecnologia, il capitale pubblico e privato dell’imperialismo italiano e le fonti energetiche del potente capitalismo statale libico è foriero di grandi profitti. È questo quello che conta.
Ecco per incanto Gheddafi trasformarsi da feroce dittatore a prezioso partner economico e politico.
zatarra
Fonti:
http://www.eni.it/it_IT/
http://www.enea.it/
http://www.cameraitalolibica.it/
Coordinamento contro la repressione per i diritti.
L'imminente approvazione da parte del governo del disegno di legge 733 - meglio conosciuto come "pacchetto sicurezza" - rappresenta un violento salto di qualità nell'approccio repressivo che il governo intende adottare per soffocare le lotte sociali attraverso un più esteso uso della forza e limitando sensibilmente gli spazi di agibilità sociale e politica in questo paese, in nome dell'ordine costituito e del rispetto acritico della legalità. Si tratta infatti di un insieme di disposizioni liberticide che colpiscono in primo luogo i soggetti più deboli della società (immigrati, senza casa, poveri) per estendersi contemporaneamente a chiunque manifesti opposizione e dissenso alle scelte di chi detiene il potere politico ed economico. Da ciò deriva la criminalizzazione di tutti coloro che lottano apertamente contro le ingiustizie quotidiane sia nel mondo del lavoro (contro la disoccupazione, i licenziamenti, la precarietà, gli infortuni, le morti), sia nell'ambito più generale delle lotte sociali (lotte per la casa, per i servizi essenziali, per l'uguaglianza sostanziale fra tutte e tutti). Per quanto riguarda la nostra città, il questore di Palermo Marangoni sta cercando di applicare queste nuove disposizioni allineandosi di conseguenza: lo scorso 23 maggio i lavoratori Cobas Scuola sono stati denunciati per aver esposto uno striscione non gradito alle autorità e che sarà addirittura distrutto. Ma già alcuni mesi fa, l'accusa con conseguente "avviso orale" nei confronti di Pietro Milazzo della Cgil aveva costituito un precedente gravissimo in termini di limitazione della libertà di espressione. A tutto ciò si aggiungono le tante multe per migliaia di euro generate da prescrizioni del questore nei confronti di coloro che organizzano cortei, dai lavoratori agli studenti, e le centinaia di denunce penali scattate contro studenti, occupanti di case o centri sociali. Infine, l'ultimo grave episodio repressivo nei confronti dei più deboli si è registrato pochi giorni fa all'incrocio fra viale Regione Siciliana e via Perpignano, con un rastrellamento poliziesco ai danni dei lavavetri contro i quali è stato impiegato persino un elicottero. In una città già avvilita per ultimo dalla questione dell'immondizia, ma che è normalmente in "emergenza" sulle diverse questioni sociali, sanitarie, del lavoro, della scuola; in una città sempre più povera e sempre più contraddistinta dal potere mafioso e dalle sue intime collusioni con il potere politico, non si sentiva certo il bisogno di un questore così attento ad attaccare chi lotta per la giustizia sociale e per un generale miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori, degli immigrati e degli oppressi. Se a tutto questo si aggiunge il totale disinteresse del Prefetto Trevisone alle reali emergenze sociali della città, diventa concreto il rischio di vedere ridotta ogni manifestazione di dissenso a una mera questione di ordine pubblico. In tutto ciò non bisogna dimenticare la totale incapacità amministrativa del sindaco Cammarata: il quale, grazie ai nuovi poteri concessogli dal ministero dell’interno, ha applicato alla lettera una serie di ordinanze liberticide e criminali. Una di queste è l’ordinanza anti-bivacco, che ha fatto il suo esordio in autunno e che viene applicata per reprimere soggetti come i senzatetto; mentre l’ordinanza più recente è quella contro i rottamai, che sta portando alla disperazione migliaia di persone che non potranno continuare a fare il loro lavoro. Gli stessi rottamai hanno già subìto fortissimi atti repressivi durante le loro manifestazioni di dissenso svoltesi davanti le sedi del potere cittadino. Alla luce di queste considerazioni, molte realtà individuali e collettive che da sempre sono impegnate a Palermo nelle lotte per i diritti, sentono la necessità di coordinarsi per rispondere efficacemente e a viso aperto contro il drammatico restringimento degli spazi di libertà che si sta consumando in questa città. Tale Coordinamento, che vuole essere aperto e inclusivo, fa appello a tutti coloro i quali sono interessati a smascherare e contrastare la repressione nelle sue varie forme, intervenendo concretamente sul duplice piano - politico e giuridico - in cui si sviluppa l'attacco del potere alle libertà e ai diritti fondamentali di ciascuno.
Coordinamento contro la repressione per i diritti
Coordinamento contro la repressione per i diritti
Continua la lotta per la verità e la giustizia con Antonio Pedace, accusato d'umanità.
Otto sit-in in alcuni dei principali capoluoghi del paese, decine di mail, telefonate, espressioni di solidarietà di associazioni, gruppi, singole persone che hanno così ribadito la loro sensibilità antirazzista. Li ringraziamo e questo è anche un invito a continuare a conoscerci e impegnarci insieme. L’udienza del tribunale di Siracusa del 19 giugno è stata ancora una volta motivo di mobilitazione. Abbiamo ricordato i fatti: il 24 agosto scorso Antonio Pasquale Pedace, dirigente nazionale di Socialismo rivoluzionario ha assistito per caso a una concitata operazione di polizia, con tanto di colpo di pistola, alla stazione di Siracusa, dove era in vacanza. Ha visto che gli immigrati coinvolti venivano trattati male. Ha chiesto che venissero trattati meglio. Insomma ha messo avanti la propria sensibilità umana, ed è stato perciò arrestato. È ora sotto processo con accuse infondate di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni. A questa udienza è stato sentito un testimone dell’accusa la cui narrazione è stata significativa del carattere insieme democratico e razzista delle istituzioni statali e dei loro apparati. I capi di accusa sono esemplari del fatto che si vuole intimidire chi è solidale ma questo caso è esemplare per noi soprattutto di una saggia, coerente, fiera condotta antirazzista, sempre, anche in vacanza. Abbiamo solidarizzato in tutta Italia con la scelta di Antonio, col suo coraggio di socialista rivoluzionario per cui primeggia l’integrità del proprio essere umani, col suo schieramento etico e antirazzista. È stato ed è motivo di incontro con tanti fratelli immigrati e con quel settore di società che finalmente può riconoscersi e distinguersi positivamente per la propria comune umanità, per una fratellanza attiva contro ogni razzismo. È un impegno che va proseguito ed incrementato. Ci saranno altre udienze (la prossima convocata per il 13 novembre) dove verranno sentiti altri testimoni, di cui non mancheremo di dare notizia, ma soprattutto si avvicina un’estate di cui possiamo sentirci tutti più responsabili: perché ogni persona maltrattata e offesa non veda indifferenza ma vicinanza intorno a sé, perché possa essere un’estate di schieramento attivo e di amicizia solidale. Per essere tutti più liberi e vivere meglio, subito, fin da questa estate.
Anna Bisceglie
Il seguente articolo è stato pubblicato su La Comune 129, quindicinale di Socialismo rivoluzionario che ha promosso l’iniziativa in solidarietà con Antonio Pedace, dirigente di Sr, alla quale hanno risposto associazioni, gruppi, singole persone per esprimere con forza il proprio antirazzismo.
Anna Bisceglie
Il seguente articolo è stato pubblicato su La Comune 129, quindicinale di Socialismo rivoluzionario che ha promosso l’iniziativa in solidarietà con Antonio Pedace, dirigente di Sr, alla quale hanno risposto associazioni, gruppi, singole persone per esprimere con forza il proprio antirazzismo.
La Compagnia dei Fuocolieri.
Estate “a Cappello”
(seconda edizione)
Forti dell’esperienza e del successo dello scorso anno in Sicilia, sentiamo l’esigenza di riaprirci verso l’esterno e tornare a cercare cooperazione creativa per la seconda edizione di Estate “a Cappello”. Inoltre, dopo l’entusiastica adesione dell’Associazione nazionale antirazzista e interetnica “3 Febbraio” nonché del coordinamento internazionale “Stop Razzismo”, “La Compagnia dei Fuocolieri” decide di riproporre la rassegna antirazzista, artistica e culturale che si svolgerà nei mesi dell’estate 2009, lanciando l’iniziativa anche a tanti altri Artisti Solidali. Quindi quest’anno, il 13 Giugno a Roma, inizieremo un viaggio che si concluderà nella capitale a fine Settembre dopo aver fatto una diecina di tappe di cui la prima sarà Palermo dal 17 Giugno al 12 Luglio per tornare ancor più numerosi dello scorso anno, nei luoghi storici e in quelli culturali di quelle realtà urbane che quest’anno vorranno ospitarci; per esprimerci ed ascoltare, mantenendo le rispettive individualità per arricchirle sapendo di essere accomunati dall’essere umani, insieme artisticamente ed in modo solidale e dialogante. Continuando ad affermare la libera scelta di frapporre fra noi e gli altri la vicinanza data da un cappello messo per terra; oggetto simbolico e concreto ad un tempo, rappresentativo della libertà d’espressione ed indicativo della voglia di confronto diretto e paritario con gli spettatori che contribuiranno alla creazione dell’evento spettacolare, che si darà quindi in un “noi, qui ed ora” unico ed irripetibile. Dentro il cappello ci va un “non-biglietto” volontario, che si paga solo alla fine e solo ed in base al proprio gradimento e poiché noi continuiamo a fidarci del pubblico, anche quest’anno vogliamo proporci e proporre di infrangere quella logica identitaria che ci vuole costretti dentro ruoli angusti e predefiniti, per affermare il riconoscimento in una sola identità: la comune umanità. La rassegna è schierata dalla parte di tutte le genti oppresse, contro tutti i razzismi, compresa la sua variante democratica e contro tutte le guerre ed i terrorismi. E’ autofinanziata, scelta dettata dall’esigenza di vivere ed esprimere le proprie idee artistiche ed il proprio schieramento solidale in libertà. Tutto ciò ci consente, inoltre, di non ancorare la manifestazione a vincoli burocratici e perciò di mantenerla indipendente dalle istituzioni.
Per ulteriori informazioni:
www.la-cdf.com,
estateacappello@la-cdf.com
338/9235453 – produzione e relazioni con la stampa: Gabriella Matranga,
328/8781940 – ideazione e direzione artistica: carlo III°
(seconda edizione)
Forti dell’esperienza e del successo dello scorso anno in Sicilia, sentiamo l’esigenza di riaprirci verso l’esterno e tornare a cercare cooperazione creativa per la seconda edizione di Estate “a Cappello”. Inoltre, dopo l’entusiastica adesione dell’Associazione nazionale antirazzista e interetnica “3 Febbraio” nonché del coordinamento internazionale “Stop Razzismo”, “La Compagnia dei Fuocolieri” decide di riproporre la rassegna antirazzista, artistica e culturale che si svolgerà nei mesi dell’estate 2009, lanciando l’iniziativa anche a tanti altri Artisti Solidali. Quindi quest’anno, il 13 Giugno a Roma, inizieremo un viaggio che si concluderà nella capitale a fine Settembre dopo aver fatto una diecina di tappe di cui la prima sarà Palermo dal 17 Giugno al 12 Luglio per tornare ancor più numerosi dello scorso anno, nei luoghi storici e in quelli culturali di quelle realtà urbane che quest’anno vorranno ospitarci; per esprimerci ed ascoltare, mantenendo le rispettive individualità per arricchirle sapendo di essere accomunati dall’essere umani, insieme artisticamente ed in modo solidale e dialogante. Continuando ad affermare la libera scelta di frapporre fra noi e gli altri la vicinanza data da un cappello messo per terra; oggetto simbolico e concreto ad un tempo, rappresentativo della libertà d’espressione ed indicativo della voglia di confronto diretto e paritario con gli spettatori che contribuiranno alla creazione dell’evento spettacolare, che si darà quindi in un “noi, qui ed ora” unico ed irripetibile. Dentro il cappello ci va un “non-biglietto” volontario, che si paga solo alla fine e solo ed in base al proprio gradimento e poiché noi continuiamo a fidarci del pubblico, anche quest’anno vogliamo proporci e proporre di infrangere quella logica identitaria che ci vuole costretti dentro ruoli angusti e predefiniti, per affermare il riconoscimento in una sola identità: la comune umanità. La rassegna è schierata dalla parte di tutte le genti oppresse, contro tutti i razzismi, compresa la sua variante democratica e contro tutte le guerre ed i terrorismi. E’ autofinanziata, scelta dettata dall’esigenza di vivere ed esprimere le proprie idee artistiche ed il proprio schieramento solidale in libertà. Tutto ciò ci consente, inoltre, di non ancorare la manifestazione a vincoli burocratici e perciò di mantenerla indipendente dalle istituzioni.
Per ulteriori informazioni:
www.la-cdf.com,
estateacappello@la-cdf.com
338/9235453 – produzione e relazioni con la stampa: Gabriella Matranga,
328/8781940 – ideazione e direzione artistica: carlo III°
Con il Pacchetto (IN)sicurezza: le leggi razziste e le ronde di partito.
Se ne parlato subito nel movimento dei rischi che il pacchetto (in)sicurezza rappresentava, come un maggiore controllo del territorio per forze politiche chiaramente fasciste e xenofobe che potranno agire legittimate e indisturbate, legalizzate, grazie alla creazione delle "ronde". Leggi razziste che portano alla già dura vita degli immigrati un maggiore aggravamento nelle situazione come il rinnovo del permesso di soggiorno, reso quasi impossibile dalle nuove leggi, nel rapporto con la quotidianità e nelle condizione di permanenza e detenzione inumana in quei lager che loro chiamano Centri Identificazione ed Espulsione, già espulsione perchè non basta affrontare un viaggio duro, costoso e talvolta mortale, no, secondo le nuove leggi bisogna, per essere regolari, avere un lavoro assicurato e un contatto già pronti in Italia se no sei clandestino e vieni tenuto in gabbia come si fa, ingiustamente, con gli animali e poi ricacciato a morire nel paese d'origine da dove sei, tanto faticosamente e pericolosamente, riuscito a scappare. E quel pericolo che si era fiutato sin dall'inizio, sin da quando approdò alla Camera la proposta di legalizzare, sotto forma di associazioni Onlus senza scopo di lucro e senza armi, le cosiddette "ronde" per protegge i bravi e onesti cittadini italiani dalla belva terribile, che viene ad opera costruita dalla propaganda anti-immigrato e razzista del governo Berlusconi e Lega, già "ronde" si era detto, collegate direttamente con il comando di polizia locale e di zona, così che possano avvertire appena vedano qualcosa di sospetto e garantire sicurezza e protezione ai poveri italiani minacciati dalla nefasta presenza di questi mostri. Solo che la creazione delle "ronde" ha subito una graduale e rapida trasformazione in pochissimo tempo, infatti, si è passati dalle ronde associazione Onlus senza scopo di lucro, e in quanto tali apolitiche e senza legami alcuni con partiti, e senza armi, alle ronde di partito finanziate e istituite direttamente dalla Lega Nord, ronde che portano il simbolo di appartenenza alla lega, il fazzoletto verde con "il sole delle alpi", e che pertanto fanno propria la connotazione razzista e xenofoba che caratterizza tale partito. Ma non è finita qui, perchè in queste settimane abbiamo visto un’ulteriore trasformazione delle ronde, perchè sono nate il 13 giugno a Milano durante il congresso nazionale del MS -Destra Nazionale, le nuove ronde nere chiamate Guardia Nazionale Italiana, ronde anch'esse di partito, istituite e finanziate dal partito, che è nato dalla scissione dal MSI del ex presidente Gaetano Saya, denunciato per istigazione a l'odio razziale non molto tempo fa, il Partito Nazionalista Italiano. Ronde che si diceva non armate, ma la GNI è in possesso di una Torcia in ferro che poi tanto innocua non è, ronde che si diceva apartitiche, ma la GNI riporta sulla sua bandiera tanto simboli di chiara ispirazione Nazi-fascista come l'aquila imperiale e il simbolo del PNI il sole nero, che possiamo rintracciare nella storia come simbolo che decorava il pavimento della sede centrale della SS. Leggi razziste, politica razzista e xenofoba, leggi su ronde che forse poi tanto apartitiche e tanto Olnus non lo erano sin dall'inizio nella testa e nei progetti di chi le ha create, tutto un programma per spianare la strada alla strisciante dittatura che si sta creando, tramite il possesso incontrastato dei media da parte del Premier Berlusconi, tramite le tecniche mediatiche tese a creare lo spauracchio dell'immigrato pericoloso, per far accrescere la paura e il razzismo degli italiani, per dirigere le loro menti su un nemico inesistente, e allontanarli dal vero nemico, quello di classe.
Roberto Per la Sezione "Delo Truda" FdCA - Palermo
Roberto Per la Sezione "Delo Truda" FdCA - Palermo